Storie marziane - Galassia 132

10 ottobre 2022 Storie marziane - Galassia 132

Storie marziane - Galassia 132 -

Sinossi raccolta Storie marziane Galassia 132

Sinossi della raccolta Storie marziane Galassia 132
Titolo: Storie marziane
Autore: Leigh Brackett La copertina di Storie marziane - Galassia 132
Titolo originale: The Coming of the Terrans
Pubblicazione originale: 1967
Serie: Leigh Brackett's Solar System - Mars - Mars
Data pubblicazione: 15/12/1970
Collana: Galassia #132
Editore: Casa Editrice La Tribuna
Traduttore: Gianni Montanari
Copertina: Ferruccio Alessandri
Numero pagine: 160
Isbn:



Questo è il numero natalizio della nostra rivista (con un ghiottissimo boccone per tutti gli appassionati: il magnifico ciclo marziano di Leigh Brackett, una firma che molti lettori ci hanno richiesto con insistenza), e ci pare pertanto opportuno un discorso riassuntivo sulle scelte e la politica generale dell'anno che volge al termine. Come scrivevamo nell'editoriale del n. 21 del Bollettino dello SFBC, il nostro intento è stato quello di presentare lavori e firme al più possibile nuovi. Entrando, più d'un anno fa, nella redazione della rivista, abbiamo pensato che bisognava smuovere un po' le acque; cercare di presentare al pubblico italiano le nuove tendenze della fantascienza, che sono state estremamente varie ed interessanti in tutto il mercato mondiale. Questa idea ci pare obiettivamente ed onestamente d'averla rispettata: se vogliamo fare qualche nome, citiamo Harness (un autore dimenticato che ha ottenuto clamorosi consensi tra i nostri lettori, e che adesso anche la 'concorrenza' mette in rilievo); K. M. O'Donnell; Panshin; Disch; Moorcock; Delany (altro autore veramente eccezionale, che presto ritroverete al meglio di sé su queste pagine). Per onestà vogliamo comunque sottolineare un fatto: i lavori di Dick, Heinlein, Norton, Hamilton, Simak, Silverberg e il Dare di Farmer sono stati scelti da Ugo Malaguti. Operando nel senso detto sopra, ci pare d'aver raggiunto anche un altro risultato: d'aver cioè ottenuto una rigorosa alternanza dei generi, passando dall'opera sperimentale a quella classica, dal romanzo sui paradossi temporali a quello dichiaratamente d'evasione. I lettori ci hanno reso atto della cosa, e ne siamo lieti; ci pare in ogni caso che questa da noi adottata sia una soluzione soddisfacente per tutti. Il giudizio complessivo del pubblico sulle nostre scelte è stato assai vario: chi ci ha apertamente insultati, e chi ci ha portati alle stelle; chi ci ha capiti, chi no. Vorremmo comunque rilevare che la situazione accenna a sbloccarsi solo al momento attuale: i primi mesi della nostra attività sono stati contrassegnati da un pressoché totale silenzio dei lettori. Le poche lettere che arrivavano (ne fa fede il Bollettino) contenevano giudizi assolutamente drastici, il più delle volte campati per aria o comunque non suffragati da ragioni concrete. E questa è una cosa che ci dispiace veramente: noi non vogliamo ricevere solo elogi, non vogliamo sentirci dire di aver compiuto scelte mirabolanti; siamo pronti ad ammettere i nostri errori. Solo che vogliamo e possiamo farlo esclusivamente sulla base di discorsi realmente critici, non su opinioni personali i cui moventi ci risultino forzatamente oscuri. Non stiamo facendo della retorica: siamo due persone oneste, ci piace dire la verità. Così invitiamo molto cordialmente il nostro pubblico a farsi vivo con sempre maggior forza, a scriverci su tutto quello che va o che non va; e promettiamo di non lasciar cadere nessun argomento, cosa che del resto abbiamo fatto sino ad oggi. Prospettive per il futuro? Le linee generali resteranno le stesse: perché a noi interessa stimolare la discussione, accendere magari la polemica (la sana polemica letteraria, intendiamoci bene, non le beghe da quattro soldi), fare insomma qualcosa di nuovo. Non è senza orgoglio che noi guardiamo l'annata passata: accanto a qualche scivolone, abbiamo fatto esattamente quello che era nelle nostre intenzioni; e Galassia 1970, bene o male, sarà sempre una creatura nostra (per le scelte che ci riguardano, ovviamente), e magari sarà uno dei ricordi più belli di tutta la nostra esistenza. Come speriamo per il 1971 e per molti anni a venire. Un'ultima parola, prima di passare all'introduzione a Coming of the Terrans, ci sia consentito dedicarla a Destinazione Uomo. L'antologia italiana è stata apprezzata dal pubblico e favorevolmente recensita: una sola lettera di commento sfavorevole, in confronto a parecchie altre positive. L'invito a ripetere l'esperimento ci è stato rivolto da più parti, e possiamo ragionevolmente annunciare l'uscita della prossima antologia per i primi mesi del prossimo anno. Sempre nella speranza che si arrivi alla creazione di un vero e proprio mercato italiano, dato che i nostri autori hanno tutte le capacità per diventare seri professionisti; e che si sfatino definitivamente tutti quei pregiudizi che purtroppo ancora esistono, derivanti soltanto da malintesi ed iniziative errate. Ed ora veniamo ad Avventure Marziane, il volume che conclude questa annata cosi fitta di novità. Per l'occasione abbiamo un autore classico e ben conosciuto, e un romanzo-antologia in cui il protagonista dominante è il rosso pianeta che ha fornito ispirazione a tanti scrittori di sf. L'accostamento del titolo con quello del capolavoro di Bradbury non è stato casuale, ma dettato dal contenuto stesso dell'opera. I cinque racconti che la compongono sono stati scritti negli stessi anni in cui Bradbury poneva mano alle sue Martian Chronicles ed è possibile che reciproche influenze abbiano avuto il loro peso nella stesura di entrambe le raccolte. I racconti della Brackett hanno certo una maggiore propensione per l'avventuroso, ma ciò non ne intacca minimamente il valore, in quanto questa avventura compone solamente lo sfondo sul quale si muovono personaggi ammalati di malinconia e di un'insolita stanchezza mortale che li fa opporre, spesso sterilmente, ad un destino già decretato. Nei primi quattro racconti l'alito dell'estremo disfacimento di Marte permea di sé ogni protagonista ed ogni scena: le città dei Canali Bassi sono ancora rigogliose, le tribù dei vasti deserti forti e decise a non venire a nessun compromesso con la civiltà degli odiati invasori; ma in ogni istante tornano ossessivi il ricordo del pianeta morente e l'immagine dei canali che si stanno prosciugando. Lo stesso capitano Winters che ripone nello Shanga l'ultima speranza di ritrovare la fidanzata scomparsa, il medico che in Bisha decide di opporsi ai crudeli riti di un passato non ancora sommerso dalla sabbia del tempo, l'antropologo che intende visitare la città fantasma di Shandakor, il giovane studioso terrestre incuriosito dagli usi e dalle abitudini dei Marziani, tutti quanti non sono che attori e marionette inconsce sul vasto e pericoloso palcoscenico rappresentato dalla sabbia rossa sconvolta dal vento. Il pianeta fagocita queste creature straniere, simile ad una gigantesca ameba rossastra, e le costringe con una violenza ed una crudeltà senza pari a sottomettersi alla sua volontà. Quasi tragedia dell'ignoto, dunque, dove l'uomo tenta inutilmente di sottrarsi alla stretta che lo soffoca e deve inevitabilmente rassegnarsi. Solo nell'ultimo racconto sembra profilarsi una soluzione, ed è proprio un terrestre ad enunciarla, dopo averla sperimentata di persona. La morte non può essere vinta dalla vita, e quest'ultima può soltanto assistere impotente alla lenta vittoria della prima. Tragedia, abbiamo detto, a livello cosmico e personale, per ognuno dei protagonisti. Dopo di che, come è d'uso, passiamo a rivolgere i nostri più cordiali auguri a tutti i lettori, che nel giro d'un anno sono diventati per noi quasi una seconda famiglia. Auguri per tutte le feste che s'annunciano, per il nuovo anno che arriva, per l'aria piacevolmente eccitata che si respira in questi giorni. Auguri che ovviamente non vengono solo da noi due, ma da tutti coloro che ci lavorano fianco a fianco per il continuo miglioramento della rivista: dall'editore a Roberta Rambelli, a Ugo Malaguti, a Sandro Sandrelli, a Lino Aldani, a Riccardo Valla, ad Aurelio de Grassi, a Gianfranco de Turris, a Carlo Pagetti, ad altri ancora che ci hanno offerto consigli particolarmente preziosi. Un grazie a quanti ci hanno seguiti e un arrivederci al prossimo anno; e con questo abbandoniamo definitivamente il campo al lavoro di Leigh Brackett, mille volte più piacevole di queste nostre righe un po' sconclusionate e commosse.



Contenuto del volume:

pag. 005 Presentazione di Vittorio Curtoni e Gianni Montanari
pag. 009 Prefazione
pag. 009 Cronologia (saggistica)
pag. 011 1998: Il giardino degli orrori (The Beast-Jewel of Mars, 1949) di Leigh Brackett trad. di Gianni Montanari (racconto lungo)
pag. 055 2016: Bisha (Mars Minus Bisha, 1954) di Leigh Brackett trad. di Gianni Montanari (racconto)
pag. 078 2024: Gli ultimi giorni di Shandakor (The Last Days of Shandakor, 1952) di Leigh Brackett trad. di Gianni Montanari (racconto lungo)
pag. 111 2031: La sacerdotessa purpurea (The Purple Priestess of the Mad Moon, 1964) di Leigh Brackett trad. di Gianni Montanari (racconto)
pag. 129 2038: La strada per Sinharat (The Road to Sinharat, 1963) di Leigh Brackett trad. di Gianni Montanari (racconto lungo)