Sinossi romanzo La gemma della stella verde Galassia 70
Titolo: La gemma della stella verde | |
Autore: Jack Williamson | |
Titolo originale: After World's End | |
Pubblicazione originale: 1939 | |
Serie: | |
Data pubblicazione: 01/10/1966 | |
Collana: Galassia #70 | |
Editore: Casa Editrice La Tribuna | |
Traduttore: Mauro Cesari | |
Copertina: Erberto Tealdi | |
Numero pagine: 192 | |
Isbn: |
Nel dicembre dello scorso anno, apparve su Galassia un romanzo che, per quanto scritto in tempi recenti, aveva il sapore della grande tradizione fantascientifica avventurosa: né ci si poteva aspettare altro dall'autore, Edmond Hamilton, uno dei patriarchi dell'avventura fantascientifica. Il successo ottenuto da La valle della creazione fu dei più lieti e dimostrò che il pubblico gradiva, accanto ad opere più sofisticate e complesse, anche i migliori esempi di un filone che, per quanto discusso, rimane tuttavia il filone iniziale della sf. Fu appunto il successo dell'opera di Hamilton ad aprire la strada alla pubblicazione di un romanzo di un altro senatore, addirittura più celebrato di Hamilton, Jack Williamson. Autore di molti ed eccellenti romanzi avventurosi e di un capolavoro fantastico, Darker Than You Think, Jack Williamson appartiene ormai all'Olimpo della narrativa fantascientifica. E' divenuto una figura quasi leggendaria. Quando negli Stati Uniti l'amore paziente degli "archeologi" portò alla riscoperta e al rilancio dei romanzi marziani, lunari, venusiani e pellucidariani di Edgar Rice Burroughs, neppure Jack Williamson fu dimenticato. Nel 1963, la casa editrice di Galaxy lanciò, in uno dei suoi Magabooks. la riesumazione di un dittico famosissimo: The Legion of Time e After World's End. The Legion of Time (che non va confusa con il successivo The Legion of Space dello stesso autore) indusse Brian Aldiss a dare sfogo ai suoi sentimenti ambivalenti, di ammirazione e di censura, nei confronti di un'opera che l'aveva affascinato da ragazzo e che, vista ora con gli occhi da adulto, conservava ancora gran parte del suo incanto. After World's End, se possibile ancora più turbinoso e movimentato di The Legion of Time, conservava, oltre a un fascino non minore, un'importanza storica notevole. Come il lettore vedrà, in questo romanzo apparso per la prima volta nel 1938, Williamson spiega un tema che riprenderà più tardi in The Legion of Space. È il tema della fanciulla, bellissima e semplice, alla quale è stata affidata l'arma suprema, cui bisogna ricorrere soltanto in condizioni disperate, e che consentirà di salvare l'umanità da una sorte terribile. Nel celebrato The Legion of Time (ma quanti sapevano che il tema centrale era ricalcato da After World's End?) il pericolo dal quale Aladoree deve salvare la umanità è un pericolo esterno, l'invasione di alien beings, le Meduse. Ma in After World's End, molto più sottilmente, il pericolo è stato creato dall'imprudenza dell'uomo: è la minaccia dello strapotere dei robot. Bari Horn, uno scienziato del passato, ha creato un robot geniale e terribile, Malgarth, che con un tradizionale atto d'orgoglio — in effetti più mutuato dalla concezione biblica della rivolta di Adamo e di Caino, che dalla tradizione frankensteiniana della creazione ribelle intesa come una nemesi dell'empietà umana uccide il suo costruttore. Ma il cervello immortale di Malgarth è imperfetto: e Dondara Keradin, la sposa tenerissima e saggia di Bari Horn, aveva previsto la ribellione del robot, e perciò aveva implorato il marito di non cancellare la imperfezione: la conoscenza di quell'unico difetto in una creatura quasi perfetta costituirà la difesa suprema dell'umanità. Dondara, decisa a non sopravvivere all'uomo amato, lascia imprigionare la propria essenza in una favolosa Gemma: e lì racchiuso il suo spirito veglierà, per un milione di anni, difeso dai Guardiani e dal Custode eletto, fino a quando l'arroganza di Malgarth e dei suoi robot minaccerà la esistenza stessa della razza umana. Allora l'Ombra della Gemma rivelerà il segreto e potrà stroncare lo strapotere disumano di Malgarth. Su questa vicenda, che sfiora spesso l'esoterismo sfruttandone le possibilità drammatiche senza cadere mai nel tono predicatorio, si innesta la storia di un antenato di Bari Horn, cui la sorte concede di sopravvivere oltre un milione di anni per destarsi nell'attimo in cui l'ultimo difensore dell'umanità, Kel Aran, e l'ultima Custode della Gemma, Verel Erin, avranno bisogno di lui per fermare la minaccia di Malgarth. Il lettore attento troverà anche nell'equipaggio della Bari Horn, guidato da Kel Aran, una robusta anticipazione del gruppo degli spericolati Legionari dello Spazio. In questo romanzo, che risale (non dimentichiamolo) al 1938, si trovano alcuni elementi che costituiscono un curioso aggiornamento di temi tradizionali: la Corporazione dei robot, dominata da Malgarth, che domina l'universo attraverso l'imbelle e crudele imperatore umano Tedron Du; e ancora, una concezione discriminatrice, quasi presaga degli sviluppi che più tardi Isaac Asimov darà al tema dei robot (e quando After World's End apparve, non dimentichiamolo, Asimov doveva ancora pubblicare il suo primo racconto): i robot non sono affatto malvagi in se stessi. C'è, anzi, in loro impulso amichevole verso l'umanità, uno spirito di fratellanza universale. Essi sterminano gli umani soltanto perché Malgarth, creandoli, li ha condizionati a un'obbedienza cieca ai suoi voleri. Ma liberati da quella soggezione mostruosa e resi finalmente autonomi, i robot saranno ciò che voleva il loro primo creatore, Bari Horn: gli amici leali e fedeli, i collaboratori instancabili dell'umanità. Il romanzo, pur con alcune sue bizzarre ingenuità che paiono talvolta ereditate dai romanzi cavallereschi (il Falco della Terra che attacca i nemici cantando ballate guerresche, la rapidità un po' eccessiva con cui le astronavi volano da un mondo all'altro) raggiunge, specie nella parte finale, un'atmosfera carica di cupa, angosciosa poesia: il nero mondo di Malgarth, la concezione stupenda dello specchio geodetico, un lago di tenebre che ha il poter di scagliare chi vi incappa al di fuori dell'universo, l'apparizione terribile del robot gigantesco che, sull'orlo dell'ultima vittoria, teme ancora l'incarnazione del suo creatore, la bellezza lucente e agghiacciante degli alati robot di argento, lo schermo di rossa forza fiammeggiante che cinge Mystoon, al centro di una nebulosa nera (un'idea, questa del volo attraverso una matrice di materia in formazione, che non solo lo stesso Williamson sfrutterà in seguito, ma che verrà utilizzato, seppure in modo diverso, anche da van Vogt). Anche il lettore più smaliziato, abituato alle satire polemiche di Pohl e di Tenn, al freddo gioco inte1lettuale di Dick e di Charbonneau, non potrà sottrarsi al fascino di questa grandiosa epopea: sfruttando con raffinata astuzia la mozione degli affetti, Williamson riesce a stringere la gola anche al più scettico degli appassionati. È un risultato, questo, che non molti dei moderni romanzi di avventura fantascientifica riescono a conseguire: il fatto che vi riesca un romanzo vecchio di quasi trent'anni depone a favore della grandezza di Williamson e dell'intramontabilità dei suoi temi più cari.
Contenuto del volume:
pag. 002 Sommario
pag. 003 Presentazione di Roberta Rambelli (introduzione)
pag. 006 La gemma della stella verde (After World's End, 1939) di Jack Williamson trad. Mauro Cesari (romanzo breve)
pag. 136 Il Festival di Trieste di Rolando Jotti (articolo)
pag. 145 La posta Galattica (rubrica)
pag. 150 Rommie 4/67 (fumetto)
pag. 152 C.C.C. Consumatore Cercasi di Claudio Vangelista (racconto)
pag. 176 Successo completo di Giorgio Vaglio (racconto breve)
pag. 185 La dentiera sorridente di Sergio Terraciano (racconto breve)